Trattandosi di Alessandro Barbero, è appropriato parlare di corsi e ricorsi storici. Assistiamo periodicamente all’ascesa e caduta mediatiche di vari intellettuali secondo uno schema ormai consolidato: uno studioso guadagna una certa (in genere meritata) notorietà parlando di argomenti su cui lavora e che quindi conosce bene. Un po’ per via dell’halo effect, un po’ perché appena i media fiutano un acchiappa-click non lo mollano più, lo studioso diventa un personaggio; inizia ad apparire in tutte le salse per dire la sua su una serie di argomenti sempre più lontani dal suo campo, finché non inciampa più o meno rovinosamente su un soggetto di cui non sa nulla. I suoi ammiratori ci restano male per un po’, poi il ciclo ricomincia con un altro luminare.
Stavolta è appunto toccato al professor Barbero, che alla domanda “Come mai le donne faticano tanto non solo ad arrivare al potere, ma anche ad avere pari retribuzione o fare carriera?” ha risposto: “Premesso che io sono uno storico e quindi il mio compito è quello di indagare il passato e non presente o futuro, posso rispondere da cittadino che si interroga sul tema. Di fronte all’enorme cambiamento di costume degli ultimi cinquant’anni, viene da chiedersi come mai non si sia più avanti in questa direzione. Ci sono donne chirurgo, altre ingegnere e via citando, ma a livello generale siamo lontani da un’effettiva parità in campo professionale. Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. È possibile che in media le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda. Non ci si deve scandalizzare per questa ipotesi, nella vita quotidiana si rimarcano spesso differenze fra i sessi”.
Onestamente, non credo valga la pena di analizzare questa uscita frase per frase e spiegare in dettaglio quanto e perché sia sbagliata (mi limito a notare che anche la domanda partiva male, impostando la questione come se il problema fossero le donne che “faticano” a emergere e non il sistema che le fa impantanare. La soluzione sta lì).
Il punto fondamentale per me è questo: dobbiamo smetterla di considerare il femminismo come un argomento su cui chiunque possa dire la sua anche senza preparazione alcuna. Ne ho già scritto in passato, il femminismo è un movimento politico e sociale con diverse correnti di pensiero e sfumature. Pensare che non sia necessario familiarizzarsi un minimo con la sua ideologia e storia per poterne parlare è fondamentalmente sminuirlo: trattarlo come “roba da donne” su cui chiunque può aprire bocca, perché in fondo non è una cosa seria.
Teoriche e attiviste femministe hanno scritto, analizzato, discusso e proposto soluzioni per tutti gli aspetti del gender gap menzionati da Barbero, e lo fanno da decenni. Sono dispostissima a concedergli il beneficio del dubbio e partire dal presupposto che quel suo “È possibile che…” sia espresso in forma di domanda proprio perché è genuinamente ignorante di tutto il materiale prodotto sul tema, anziché limitarsi a fingere che non esista. Ma proprio perché non ne sa, dovrebbe astenersi dall’esprimere giudizi disinformati; non solo non c’è nulla di male nel dire “Non lo so”, ma è anche un’ottima opportunità: di solito è il primo passo necessario per imparare qualcosa.