La parola con la R

La settimana scorsa uno dei Buongiorno di Mattia Feltri ha provocato un polverone per via di un’infelicissima frase sul fatto che ormai di fascismo in Italia non rischia di morire più nessuno, “se non qualche immigrato”. Sommerso di critiche, il feltrino (copyright una persona intelligente che seguo su Twitter) ha postato una piccatissima risposta che ho visto solo con un paio di giorni di ritardo. So bene che in piena tragedia post-elettorale “le priorità sono altre”, ma credo valga la pena di prendersi cinque minuti per rileggerla, questa risposta; anche perché, visti appunto i risultati elettorali, ho idea che parecchi ne condividano l’impostazione.

feltri_fascismoSi parte subito con un chilometro di mani avanti: nella testa di Feltri Jr la frase era “lampante”: soltanto gli immigrati rischiano, come a Macerata. Io non sono una giornalista di grido ma due domande me le sono fatte: uno, se si voleva essere certi che la frase non venisse fraintesa, non bastava articolarla meglio nel passaggio dalla testa alla carta e citare esplicitamente il caso di Macerata? Se ti ha “capito male” la maggioranza dei lettori, come minimo non stai facendo bene il tuo lavoro. Due, se anche il fraintendimento fosse negli occhi di chi legge, non è che questa pezza sia tanto meglio del buco, e non solo perché non è vero che le aggressioni fasciste degli ultimi anni abbiano preso di mira solo migranti; ma perché anche formulata in quel modo si presta alla stessa identica interpretazione della frase originale. Chi avesse davvero voluto attirare l’attenzione sul fatto che la categoria migranti sia sulla carta più a rischio di altre avrebbe potuto semplicemente scrivere che il pericolo è soprattutto per quel gruppo che è comunque già vulnerabile per altri motivi.

La prossima parte è quella da leggere attentamente, perché è qui che si compie il numero di giocoleria verbale: un’orda di commentatori anonimi aggredisce virtualmente il feltrino per quella frase, dandogli del razzista “senza conoscerlo”. Avete visto il trucco? No? Riguardiamolo al rallentatore: le reazioni di chi si è indignato erano rivolte alla frase incriminata; ma il feltrino con abile mossa ne fa un attacco personale, spostando la conversazione da quello che ha fatto a quello che è. E quando la domanda si trasforma da “Lo specifico atto è razzista?” a “Tizio è razzista?” la discussione è fondamentalmente morta, perché è impossibile andare a vedere che cosa effettivamente ci sia nella testa di una persona; ma, e questo è il punto, non penso ci si debba ostinare su questo. Se una persona sposa idee razziste, non è un mio problema fino a quando rimangono confinate nel suo cranio: il problema nasce quando quelle idee ne guidano, per dirla con la formula del catechismo, pensieri, parole, opere e omissioni. Per dirla chiaramente, a me quello che pensa Feltri Jr dell’influenza dei geni sul ritmo nel sangue e la velocità nella corsa non importa una ceppa; quello che mi importa, e molto, è che abbia usato la sua seguitissima piattaforma per esprimere un pensiero facilmente leggibile come “gli italiani veri sono al sicuro quindi del fascismo non dobbiamo preoccuparci poi tanto”: quello sì che è razzista, accidenti.

Una nota di Schadenfreude a margine: anche il feltrino sembra essere preda dello stesso malessere da social che affligge altri suoi illustri colleghi, i quali ancora non si capacitano del fatto che praticamente chiunque con una connessione internet possa raggiungerli e permettersi di interloquire con loro. Ora, premesso che: la rimozione delle barriere fisiche rende la comunicazione virtuale sicuramente più “selvatica” di quella faccia a faccia; e che il problema dell’harassment online è reale e serissimo (ne ho scritto qui); a me questi alti lai dei pilastri (…) del giornalismo italico fanno sempre molto ridere, a partire dagli strali contro l’anonimato che tradiscono una notevole ignoranza sui meccanismi delle interazioni online. Senza voler usare l’esempio estremo di persone che vivono sotto regimi repressivi e per le quali l’anonimato è condizione assolutamente necessaria per potersi esprimere liberamente senza rischi per la propria incolumità, è indubbio che solo una piccolissima parte di noi potrebbe esprimersi così apertamente su diversi temi se non potesse restare anonima. E sarebbe un peccato, perché moltissimi producono contenuti interessanti che arricchiscono chi ha la fortuna di poterli leggere, ascoltare, guardare. Quello che sfugge ai Feltri e Mentana della situazione è che “metterci la faccia” per il resto del mondo funziona in maniera opposta rispetto alla loro: quando lo fa un giornalista noto non solo la cosa conferisce automaticamente un certo peso a quello che dice, ma è proprio quella faccia a metterlo al riparo dalle conseguenze che potrebbe subire Maria Rossi, impiegata, se dicesse le stesse cose. La maggior parte di noi non è pagata per esprimere le proprie opinioni e quando lo facciamo ci esponiamo per così dire senza rete, in senso letterale: non abbiamo le spalle coperte da social media manager, uffici legali, editori, produttori, e amici dal nome di peso disponibili a spenderlo per sostenerci se diciamo qualcosa di scomodo che però va detto. E prima di lamentarsi dell’insostenibile “odio della rete”, i giornalisti italiani dovrebbero provare a gestire per una settimana il profilo Twitter di una femminista nera, o di un attivista per i diritti dei transgender; poi magari ne riparliamo.

Ho scritto questo post a cavallo dei due giorni successivi alle elezioni e credo che a proposito di razzismo ci sarà, purtroppo, ancora parecchio da dire e scrivere nei prossimi mesi. Mi limito a constatare che, a meno di 48 ore dal voto, ho già visto moltissimi elettori di destra colpiti da “sindrome di Feltri” e cioè indignatissimi all’idea di poter essere chiamati razzisti “solo per come hanno votato”. Credo che dovremmo stare molto attenti a non permettergli di spostare la discussione sui loro cuoricini infranti, ma continuare a concentrarci sul fatto che hanno votato per partiti i cui programmi sono chiaramente discriminatori – o perché li condividevano, o perché altre parti di quei programmi erano così allettanti da infischiarsene altamente del resto del mondo; e che per questo sono e saranno corresponsabili delle ingiustizie che quei partiti compiranno ora che ne hanno l’occasione. Se sono i primi ad agire senza minimamente preoccuparsi del prossimo, non possono pretendere che il resto di noi assecondi i loro bronci da bambino egoista.

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