Fenomenologia di “Non tutti gli uomini” (Guest post)

Nota introduttiva: il fenomeno #NotAllMen è spesso menzionato nelle discussioni online sul femminismo, ma il materiale sull’argomento è principalmente in inglese. Questo post è stato originariamente pubblicato sul blog di Bailey Poland, che mi ha gentilmente permesso di postarne una versione italiana. Qualsiasi errore è ovviamente da attribuirsi alla mia traduzione. Many thanks to Bailey!

Una delle esperienze più comuni per una donna che parli di sessismo online è l’incontro con i commentatori “non tutti” – quelli che spuntano ogni volta che sta riportando uno specifico episodio per ricordarle, in toni più o meno oltraggiati, che “non tutti gli uomini” si comportano nel modo descritto. Il fenomeno è stato fotografato perfettamente da Shafiqah Hudson già nel 2013 e affrontato in vari articoli, ma non sembra destinato a sparire; questo non tanto per mancanze degli articoli in questione (da questo punto di vista anche il mio post sarà certamente inefficace), ma perché l’espediente retorico è semplicemente troppo utile per smettere di usarlo.

Intermezzo grammaticale

Chiunque abbia avuto occasione di discutere con me di grammatica – un numero sorprendente di persone, in effetti – sa che appartengo alla scuola descrittiva, una delle maggiori, insieme a quella prescrittiva, quando si parla di teorie della grammatica.

Secondo la scuola prescrittiva, esiste un modo corretto di usare la lingua e la grammatica, e ogni allontanamento da questa “retta via” (dialetti, vernacolo, slang) è considerato sbagliato e di minor valore. È ai prescrittivisti che si riferiscono le battute sui grammar nazi. La teoria descrittiva invece si concentra sull’esame di come la lingua venga effettivamente usata da chi la parla e scrive. Non esprime alcun giudizio di valore sulle differenti forme di linguaggio, ma studia le regole interne sviluppate dai parlanti stessi sull’uso della lingua e della grammatica, e il modo in cui esse cambiano.

Le due teorie non sono completamente separate ma spesso si influenzano a vicenda. Semplificando, si può dire che la scuola prescrittiva teorizza il modo in cui la lingua dovrebbe essere, e quella descrittiva osserva come essa sia nella realtà.

Questa digressione serve a contestualizzare la mia discussione della grammatica del “non tutti”, che ha un approccio prescrittivo. Invece che accettare il modo in cui la lingua viene usata per discutere problemi reali, i “non tutti” intervengono per spiegare appunto con quale linguaggio andrebbe condotta la discussione stessa.

Grammatica del “non tutti”

Il modo più sicuro per attirare un “non tutti” è semplicemente quello di usare il plurale “uomini” parlando di sessismo (come è stato osservato, di solito queste persone non si intromettono in una conversazione in cui gli uomini vengono lodati per qualcosa per far notare che “non tutti” meritano la lode in questione).

Un paio di esempi da mie conversazioni su Twitter. Commentando le reazioni al caso del ragazzino che ha aggredito una coetanea per aver respinto i suoi approcci, ho scritto: “[Il fatto] ha “diviso la rete” o dimostra semplicemente quali uomini si sentano autorizzati a reagire con violenza di fronte a un rifiuto?”. Ora, chiunque legga questa frase dovrebbe essere in grado di capire che il costrutto “quali uomini si sentano autorizzati” si riferisce a un sottoinsieme: identifica cioè uno specifico gruppo di uomini. Ciononostante, qualche ora dopo aver postato il tweet un utente è comparso nelle mie notifiche dicendo “Sembra che tu abbia dimenticato un “alcuni” da qualche parte…”, una risposta piuttosto frequente quando si commenta un episodio di sessismo.

Quando gli ho fatto notare che la frase conteneva già un elemento qualificativo e che aggiungere un “alcuni” (facendola diventare “[Il fatto] ha “diviso la rete” o dimostra semplicemente quali alcuni uomini si sentano autorizzati a reagire con violenza di fronte a un rifiuto?”) l’avrebbe resa scorretta e senza senso anche per un non-prescrittivista, la risposta è stata “Fxxxxxo tu e le tue generalizzazioni”.

Secondo la grammatica di “non tutti”, il plurale “uomini” va sempre letto come “ogni singolo uomo” indipendentemente dai qualificativi che lo accompagnano, e il commento “non tutti” contiene di solito l’accusa di generalizzare. Insistere perché si dica “alcuni uomini” fa parte della strategia retorica di cui parleremo più avanti.

Accade di ricevere l’obiezione “non tutti” anche discutendo il comportamento di un singolo uomo, come in questo altro esempio. Parlando del caso del teenager dell’Idaho che ha minacciato di uccidere le sue compagne di classe per essersi rifiutate di inviargli foto di nudo, ho commentato che “[u]n uomo che ritenga di aver detto e fatto le cose giuste [per approcciare una donna] si aspetta di essere ricompensato”. E subito qualcuno ha risposto “LOL ma non tutti gli uomini sono così smettiamola di generalizzare per favore”. Anche se il mio tweet parlava di “un uomo”, qualcuno si è sentito in dovere di ricordarmi che “non tutti” si comportano nel modo che stavo descrivendo. Non c’è “alcuni” che possa convincerli a desistere.

Per la grammatica del “non tutti”, l’uso del plurale può essere interpretato solo come ingiusta generalizzazione e accusa diretta a ogni uomo. Questo standard è raramente applicato all’uso di altri plurali. Quando si discute di sessismo, sembra che molti si rifiutino di capire che “uomini” è un termine appropriato per descrivere un comportamento tenuto da più di un singolo uomo. Ed è qui che entra in gioco la…

Retorica del “non tutti”

È importante capire che “non tutti” non è semplicemente frutto di scarsa conoscenza della grammatica. Pretendere di leggere la parola “uomini” come un attacco generale è un espediente retorico per deviare la conversazione e sminuire la validità di un’asserzione. Così facendo si ostacola una discussione altrimenti produttiva facendo impantanare la persona che parla in diatribe semantiche sulla scelta dei termini.

Il risultato è ovvio. Spostando la discussione dagli uomini che hanno dimostrato comportamenti violenti o dannosi a quelli che non lo hanno fatto, chi dice “non tutti” può presentarsi come uno “dalla parte dei buoni”. Che questo sia riconosciuto o meno, spesso lo scambio finisce per diventare: “Se non tutti gli uomini fanno X, si tratta davvero di sessismo? E gli uomini che non lo fanno? Come fai a dire che sia stato davvero un atto sessista? Non è una generalizzazione un po’ ingiusta?”.

Ci si sposta quindi dal voluto malinteso grammaticale al voluto malinteso sul concetto di sessismo, muovendo la conversazione dal problema in sé alle eccezioni, come se l’esistenza di una o più eccezioni annullasse l’esperienza di chi stava parlando. Ma il concetto di sessismo si riferisce al sistema che produce disparità di trattamento in base al genere e presuppone che gli uomini ne beneficino in quanto categoria; l’esistenza del sessismo in generale non è annullata dall’esempio di un singolo uomo che non abbia tenuto un determinato comportamento in uno specifico caso.

Insistere che si parli di “alcuni” invece che di “uomini” non è una semplice fissa semantica o grammaticale, ma una strategia deliberata. Dire “alcuni” permette di dissociarsi immediatamente dalla critica e consente di pensare che non sia necessario valutare il problema in oggetto e il modo in cui esso sia eventualmente collegato al proprio comportamento abituale o a quello di altri uomini. “Alcuni” crea una distanza controproducente in termini di discorso femminista. Per i “non tutti”, è fondamentale non sentirsi chiamati in causa.

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Source: Twitter

Uomini

Parlando di sessismo uso spesso la metafora per cui, se la scarpa che sto descrivendo non ti entra, non c’è bisogno di provare a indossarla – vale a dire che non è il caso di mettersi sulla difensiva se quello che sto dicendo non è applicabile direttamente a te. Mi rifiuto di usare “alcuni”, però, perché anche se “non tutti” gli uomini si comportano in uno determinato modo, tutti beneficiano – chi più chi meno – dell’esistenza del sistema che produce discriminazione di genere.

È importante che gli uomini riconoscano il ruolo che il sessismo gioca nella vita delle donne. “Non tutti” è espressione del disagio che gli uomini provano quando confrontati agli effetti negativi e talvolta fatali del sessismo, e anche un modo di dissociarsi dal sistema in virtù del fatto di non aver adottato uno specifico comportamento.

Quell’espressione di disagio è anche una richiesta di spostare la conversazione dal problema in sé al modo di discuterlo e a come questo li fa sentire, il che è un indice di privilegio. Pretendere di anteporre il sentirsi a proprio agio al bisogno di discutere ineguaglianze e ingiustizie è possibile solo in un sistema in cui i bisogni delle donne sono meno importanti dei sentimenti di un uomo. Ogni volta che qualcuno usa il “non tutti” per sviare una discussione dimostra di non essere, dopotutto, dalla parte dei buoni.

I “non tutti” sono quasi divertenti nella loro costanza, che al tempo stesso è però una spia del privilegio che hanno. Il tentativo di autoesentarsi da una discussione peraltro finisce per produrre l’effetto opposto e fa pensare che, in fondo in fondo, appartengano proprio al gruppo di uomini di cui si stava parlando.

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